Autonomi e imprenditori, il secondo acconto Irpef slitta al 2024
Pubblicata la circolare dell'Agenzia delle Entrate con i chiarimenti sulla proroga del secondo acconto Irpef: il termine slitta dal 30 novembre 2023 al 16 gennaio 2024. Il rinvio riguarda autonomi e imprenditori individuali con ricavi fino a 170mila euro.

Slitta al prossimo anno la scadenza per versare la seconda rata di acconto delle imposte sui redditi. Sia lavoratori autonomi sia imprenditori individuali con ricavi o compensi fino a 170mila euro pagheranno il secondo acconto Irpef il 16 gennaio 2024. Cancellata la data del 30 novembre 2023, dunque, per le persone fisiche titolari di Partita IVA e con compensi entro la soglia indicata.
A comunicarlo l’Agenzia delle Entrate che fa anche sapere che i contribuenti potranno versare la stessa somma in cinque mensilità da gennaio 2024 a maggio 2024. Nessuna variazione per i contributi previdenziali e assistenziali per i quali è invece rimasto il termine del 30 novembre scorso.
Quanto si paga il secondo acconto Irpef?
Con la circolare numero 31/E l’Agenzia delle Entrate ricorda due novità importanti contenute nel decreto collegato alla manovra 2024: da un lato il differimento dal 30 novembre 2023 al 16 gennaio 2024 della scadenza del versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione Redditi Persone fisiche 2023 e dall’altro anche la facoltà di dilazionare il versamento in cinque rate mensili di pari importo, a partire da gennaio 2024, con scadenza il 16 di ogni mese. Sulle rate successive alla prima vengono applicati gli interessi pari al 4% annuo.
Chi sono i soggetti destinatari del rinvio?
L’Agenzia delle Entrate fa chiarezza anche sui soggetti destinatari del rinvio. A poter beneficiare della proroga sono infatti tutte le persone fisiche titolari di Partita IVA che hanno dichiarato, con riferimento al periodo d’imposta 2022 (indicati nel modello redditi PF 2023), ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170mila euro. Un requisito che presuppone che i contribuenti lo scorso anno abbiano svolto un’attività di impresa o di lavoro autonomo. Il differimento spetta anche agli imprenditori titolari dell’impresa familiare o dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria.
La normativa prevede, invece, che siano esclusi sia i contribuenti non titolari di partita IVA sia i titolari di partita IVA diversi dalle persone fisiche come, per esempio, le società di capitali e gli enti non commerciali. Non possono beneficiare della misura, inoltre, le persone fisiche titolari di partita IVA che, con riferimento all’anno d’imposta 2022, abbiano dichiarato ricavi o compensi di ammontare superiore a 170.000 euro. La circolare spiega, infine, che il rinvio si rivolge anche alle persone fisiche titolari di partita IVA con ricavi o compensi fino a 170mila euro tenute a versare l’acconto in un’unica soluzione.
Per verificare che venga rispettato il tetto fissato a 170mila euro, bisogna tener conto dei compensi dichiarati per il 2022. Allo stesso modo si considera l’ammontare complessivo dei ricavi di un’impresa familiare o di un’azienda coniugale. Se il contribuente esercita più attività e ha più codici Ateco, è il caso di sommare i relativi ricavi e compensi relativi alle attività esercitate. Funziona allo stesso modo – chiarisce la circolare dell’Agenzia delle Entrate – se una persona fisica esercita sia un’attività di lavoro autonomo sia un’attività di impresa. Anche in questo caso, infatti, è necessario sommare ricavi e compensi relativi ad entrambe le attività. La circolare infine fa sapere che i contribuenti che non sono tenuti a presentare la dichiarazione IVA devono tenere in considerazione l’ammontare complessivo del fatturato 2022, ossia le fatture e i corrispettivi telematici.