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Prestiti auto, perché una vettura elettrica usata conviene: poca manutenzione

Un’auto elettrica di seconda mano fa risparmiare anche fino al 69% sui costi della manutenzione ordinaria rispetto a un motore benzina o diesel. Lo rivela uno studio di Motus-E. Ma il vantaggio sull’acquisto di una vettura green raddoppia con i prestiti auto usata dato che i tassi di interesse sono convenienti.

Pubblicato il 02/03/2025
icona auto elettrica su sfondo blu
Vantaggi auto elettriche e prestiti per l'acquisto

Le auto elettriche hanno un numero di componenti nel gruppo “motore e cambio” inferiore del 70% rispetto alle vetture benzina o diesel. Questo è un vantaggio in quanto permette di tagliare i costi di manutenzione ordinaria, con un risparmio tra il 62% (utilitaria di segmento B con 3 anni o 45.000 km) e il 69% (auto media di segmento C con 8 anni o 120.000 km) per i veicoli a batteria rispetto a quelli a combustione.

È quanto emerge dallo studio “Una scelta elettrica oggi. Una scelta di valore domani”, frutto della collaborazione tra Motus-E e Quattroruote Professional.

Questa ricerca, inoltre, afferma che le quotazioni delle auto elettriche usate hanno scontato finora una limitata conoscenza delle caratteristiche di queste vetture da parte degli stessi automobilisti. Perciò “una maggiore comprensione della tecnologia renderà più leggibile il mercato, contribuendo a determinare il reale valore di questi veicoli”.

Intanto, se stai cercando un’auto di seconda mano (elettrica e non) puoi approfittare dei prestiti auto che si mantengono con tassi convenienti da inizio anno, con la migliore offerta che ha un TAEG del 7,18%. Così come, in linea generale, sono vantaggiosi gli interessi sui prestiti personali e sulla cessione del quinto.

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Longevità delle batterie: l’ago della bilancia

Prendendo le mosse dall’andamento delle quotazioni degli ultimi anni, l’analisi di Motus-E rileva anzitutto come i prezzi delle auto usate elettriche siano stati influenzati dalla presenza a fasi alterne dell’Ecobonus, tra il 2019 e il 2024.

Ciò che però fino ad oggi ha pesato di più sulle quotazioni di queste vetture è stato “il diffondersi di un’errata percezione della reale longevità delle batterie”. Al di là della vita utile dell’accumulatore, che può tranquillamente superare quella dell’auto stessa, il fraintendimento ha riguardato la cosiddetta “capacità residua” delle batterie.

Con il passare degli anni, infatti, gli accumulatori al litio mostrano una graduale diminuzione della capacità di immagazzinare energia, e per questo motivo i costruttori assicurano anche un livello minimo di capacità (in media dell’80%) al termine della garanzia, generalmente di 8 anni.

Test su un campione di 5.000 auto elettriche usate

Ma in concreto, cosa comporta questo fenomeno? L’analisi di un campione di 5.000 auto elettriche usate, condotta con Power checK Control (PKC), evidenzia un degrado medio delle batterie di appena l’1,5% annuo. Percentuale che tende oltretutto a diminuire considerevolmente dopo i primi 9 anni di utilizzo.

Appurato ciò, lo studio di Motus-E e Quattroruote Professional osserva che, a differenza di quanto avviene con i motori endotermici, lo stato di salute della batteria di un veicolo usato può essere verificato con un test diagnostico immediato, garantendo all’acquirente un’indicazione sicura per determinare la quotazione del mezzo.

L’affidabilità della tecnologia al litio per gli accumulatori

Un altro aspetto che ha inciso sulle quotazioni deriva da un equivoco di fondo sullo stato dell’avanzamento tecnico sul fronte delle batterie, che ha alimentato l’ingiustificato timore di un imminente arrivo sul mercato di tecnologie molto più avanzate ed economiche delle attuali.

Al riguardo, il report indica che in 10 anni l’autonomia media omologata dei modelli elettrici a listino in Italia è quasi triplicata. Tuttavia, negli ultimi anni il tasso di incremento si è notevolmente ridotto, mostrando una sostanziale maturità della tecnologia al litio, per la quale ci si può aspettare ora un miglioramento incrementale continuo, ma senza gli strappi osservati in passato.

A cura di: Paolo Marelli

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